APPROFONDIMENTI

Il sushi senza riso ha senso?

Sashimi, il sushi senza riso

Il sushi, piatto che rappresenta una vera e propria icona della cucina giapponese, si caratterizza per la sua capacità di combinare sapori, consistenze e colori. Sebbene spesso si sia attirati dalle varietà di pesce e dagli altri ingredienti e si pensi che siano questi il fulcro del sushi, in realtà è il riso l’ingrediente che definisce questo piatto.

Se, da una parte, il riso sostiene fisicamente ogni piatto di sushi, dall’altra rappresenta una tradizione culinaria antica, per quanto evolutasi nel corso del tempo.

Ci si chiede, pertanto, se il sushi senza riso abbia senso.

Sushi senza riso: le ragioni storiche

La domanda se il sushi possa esistere senza il riso invita a una riflessione più ampia sul valore della tradizione nella gastronomia. Il riso, infatti, incarna la continuità di una pratica culinaria che risale a secoli fa.

La nascita stessa di questo piatto deriva dalla tecnica di conservazione del pesce, avvolto nel riso fermentato, una pratica nata secoli fa per prolungare la freschezza dei prodotti ittici. Questo metodo, essenziale nelle comunità antiche, si è lentamente evoluto dando vita al sushi come lo conosciamo oggi. Il fatto che da metodo di conservazione si sia trasformato in una raffinata espressione culinaria testimonia l’importanza del riso non solo come ingrediente ma come fondamento storico del piatto.

Tuttavia, nel corso del tempo, le innovazioni culinarie e il notevole successo del sushi sulle tavole di tutto il mondo hanno dato vita a piatti sempre diversi, che spesso hanno subito contaminazioni culinarie tramite l’incontro con abitudini e culture diverse nei vari paesi del mondo.

Pertanto, il sushi senza riso può esistere come concept innovativo o come adattamento a specifiche esigenze dietetiche, ma nel fare ciò, si discosta dall’essenza e dall’esperienza tradizionale del sushi. Il riso, infatti, non è solo un ingrediente del sushi: è l’ingrediente che ne tramanda la tradizione, la cultura e l’essenza stessa del piatto.

Proprio per questa ragione, Mundi Riso ha creato la linea New Kenji Premium Sushi Rice, con riso 100% origine Italiana varietà Selenio, studiata appositamente per offrire una qualità superiore in grado di creare un’esperienza culinaria unica e autentica utilizzando varietà locali di riso.

Il sashimi e la sua origine

Per chi si chiedesse come si chiama il sushi senza riso, la risposta è semplice: sashimi. Sebbene molti lo confondano con il sushi, in realtà, sushi e sashimi sono due cose diverse ed è proprio il riso a determinarne la differenza.

L’origine del sashimi, uno dei piatti più raffinati della cucina giapponese, si perde nella notte dei tempi, radicandosi profondamente nella cultura e nella storia del Giappone. La parola sashimi deriva dai caratteri kanji 刺身, che letteralmente significano corpo infilzato, con una possibile allusione al metodo tradizionale di preparazione del pesce, il quale veniva servito con la coda e la pinna per identificarne la freschezza e la specie.

Sulle origini del sashimi non ci sono certezze. Secondo alcuni, sarebbe già stato presente nel periodo Nara (710-794 d.C.), un’epoca in cui la conservazione del pesce attraverso metodi come la fermentazione con il riso era una pratica comune. Durante il periodo Muromachi (1336-1573 d.C.), poi, iniziò ad essere consumato anche il riso, che passò da ingrediente destinato alla sola conservazione ad essere consumato.

Man mano, il sashimi iniziò a guadagnare popolarità come piatto a sé stante, servito in occasioni speciali e cerimonie, e si differenziò sempre di più dal sushi, che nel periodo Edo assunse definitivamente la forma attuale.

La pratica di immergere il pesce crudo in salsa di soia e di accompagnarlo con wasabi risalirebbe a questo periodo: da qui si sarebbe sviluppato il sashimi come lo conosciamo oggi.

L’evoluzione del sashimi fino ai nostri giorni

Il fatto che il sashimi sia diventato un elemento centrale della cucina giapponese sarebbe avrebbe una relazione con lo sviluppo delle tecniche di affilatura dei coltelli. La capacità di tagliare il pesce in modo sottile e artistico esalta il sapore e appaga la vista. L’aspetto estetico del sashimi, infatti, trova una relazione interessante con la crescente consapevolezza dell’importanza della presentazione dei piatti.

Con l’evoluzione dei trasporti e delle tecnologie di refrigerazione nel XX secolo, il sashimi ha guadagnato popolarità ben oltre i confini del Giappone, diventando un simbolo della cucina giapponese nel mondo. Questo piatto richiede pesce di altissima qualità, freschezza impeccabile e un’attenta preparazione, caratteristiche che riflettono l’attenzione al particolare e la scrupolosità tipiche della cultura giapponese.

Sushi senza riso: il sashimi nel mondo

La popolarità del sashimi dimostra come un piatto possa superare le proprie origini geografiche per diventare un veicolo di scambio culturale. Dall’America all’Europa, ogni cultura ha imparato ad apprezzare il sashimi, reinterpretandolo in base ai gusti locali senza comprometterne l’essenza.

Non per niente si sono diffuse varianti che riflettono non solo le preferenze culinarie ma anche la disponibilità locale di ingredienti, portando a interpretazioni innovative del classico sashimi. Per esempio, il sashimi beef è un tipo di sashimi nel quale il pesce viene sostituito con la carne di manzo. Altre varianti possono prevedere l’utilizzo esclusivo di verdure come daikon, avocado o zucca. Anche i condimenti talvolta danno vita a versioni fusion di sashimi: possono essere infatti utilizzate salse non tradizionali ed essere aggiunti ingredienti come jalapeño, l’olio di oliva o addirittura il formaggio.