APPROFONDIMENTI

Quando il sushi si fa polpetta: gli onigiri

Onigiri

Capita spesso che il primo incontro con un onigiri avvenga per caso, magari durante la visione di un anime o sfogliando un manga ambientato in Giappone. Triangoli di riso avvolti in alga, infilati in una scatola da pranzo o incartati con cura, da addentare con semplicità e naturalezza. A prima vista potrebbero sembrare poco più che polpette di riso, ma dietro quella forma compatta si nasconde una lunga tradizione, fatta di gesti quotidiani, abitudini familiari e piccole varianti regionali.

Gli onigiri sono un cibo popolare, economico, facilmente trasportabile e allo stesso tempo carico di significato, tanto da meritare un posto stabile nella cultura gastronomica giapponese. Nonostante siano meno conosciuti rispetto a sushi e ramen, rappresentano una delle forme più autentiche della cucina giapponese di tutti i giorni.

Le origini del termine Onigiri

Il termine onigiri deriva dal verbo nigiru, che significa “stringere con le mani”. Non è un caso: l’onigiri nasce come gesto, prima ancora che come ricetta. L’azione di modellare il riso, spesso eseguita a mano nuda e con una certa rapidità, è parte integrante della preparazione.

Le origini di questa pietanza sono antiche: già nel periodo Heian (794–1185) si usava trasportare palline di riso compatte durante i viaggi o le battute di caccia, per via della loro praticità. In epoca successiva, soprattutto durante il periodo Edo, l’onigiri si afferma come cibo quotidiano grazie alla sua semplicità, alla lunga conservazione dei ripieni salati e alla facilità di trasporto.

Da allora, è rimasto un compagno fedele di pranzi al sacco, gite scolastiche e pause di lavoro, diventando una delle espressioni più familiari della cucina casalinga giapponese.

La loro diffusione in tutto il mondo, vuoi per la loro bontà, vuoi per la pubblicità ottenuta tramite i cartoni animati, ha fatto sì che oggi siano disponibili in diverse varianti, a partire dalle più classiche a quelle vegan fino a quelle fusion.

Com’è fatto un onigiri? Ingredienti e preparazione

Alla base dell’onigiri c’è il riso bianco giapponese, preferibilmente del tipo uruchimai, noto per la sua leggera collosità. Mundi Riso ha creato una linea di riso dedicata apposta alla preparazione del sushi che consente di avere qualità selezionate con la corretta texture per piatti perfetti. Questa caratteristica è fondamentale perché permette al riso di essere modellato con le mani in porzioni compatte e stabili, senza bisogno di altri ingredienti che lo facciano stare assieme.

A differenza dalla preparazione del riso per gli altri tipi di sushi, qui non viene aggiunto aceto: il sapore resta neutro, quasi dolce, pensato per esaltare il ripieno piuttosto che sovrastarlo.

La forma può variare – triangolo, disco, sfera, ovale – e in molti casi è determinata dalla tradizione locale o semplicemente dalla preferenza personale. Una delle versioni più comuni prevede l’aggiunta di una striscia di alga nori: non si tratta solo di una questione di gusto, che comunque trae beneficio dal sapore di mare dell’alga, ma serve anche per avere una presa più agevole ed evitare che il riso si attacchi alle dita.

Non tutti, però, amano questa combinazione: per questo esistono varianti prive di alga, oppure tostate sulla griglia – i cosiddetti yaki onigiri – che sviluppano all’esterno una crosta sottile e dorata, spesso spennellata con un po’ di salsa di soia. Il risultato è un boccone semplice ma molto particolare, in cui la consistenza del riso cambia completamente a seconda della preparazione.

Ma la vera caratteristica distintiva dell’onigiri risiede nel ripieno. Tradizionalmente, si utilizzano ingredienti saporiti e spesso conservati, capaci di durare a lungo senza bisogno di refrigerazione. È il caso dell’umeboshi, la prugna salata dal gusto pungente e leggermente acidulo, o del sake, il salmone cotto e sbriciolato. Altri ripieni classici includono l’alga kombu stufata e il tarako, ovvero uova di merluzzo salate e leggermente piccanti.

Negli ultimi anni, però, la varietà dei ripieni si è ampliata notevolmente, soprattutto nei konbini, i minimarket giapponesi dove l’onigiri è venduto come snack pronto. Accanto alle versioni tradizionali, si trovano farciture più moderne, come tonno e maionese, pollo teriyaki, gamberetti con salsa rosa o perfino onigiri fusion con sapori occidentali. Questa flessibilità rende l’onigiri una preparazione estremamente versatile: può essere leggero o sostanzioso, classico o creativo, ideale per chi cerca un pasto semplice ma non banale.

Ricetta onigiri: come farli in casa

Preparare gli onigiri in casa è meno complicato di quanto si possa pensare. Servono pochi ingredienti e un po’ di manualità: la parte più delicata è la cottura del riso, che deve essere compatto ma non colloso. Per circa 6 onigiri, si comincia cuocendo 300 grammi di riso giapponese a grana corta secondo il metodo tradizionale, con una quantità d’acqua pari a una volta e mezza il volume del riso. Una volta pronto, va lasciato intiepidire coperto con un panno umido, per mantenerne l’umidità ed evitare che si secchi.

Con le mani leggermente bagnate e, se si desidera, un pizzico di sale sui palmi, si prende una porzione di riso e la si appiattisce nel palmo. Al centro si aggiunge un cucchiaino di ripieno, poi si richiude il tutto con altro riso e si modella formando un triangolo o una pallina. L’alga nori, se utilizzata, va aggiunta solo alla fine, per evitare che si inumidisca.

Il risultato è uno snack compatto e pratico, da gustare subito o conservare per qualche ora avvolto in pellicola. Ideale per chi desidera portare in tavola un piccolo pezzo di Giappone, con semplicità.

Domande frequenti sugli onigiri

Cosa contengono gli onigiri?

Gli onigiri sono triangoli di riso compatto, spesso caratterizzato dalla presenza di una striscia di alga nori. Gli ingredienti tradizionali sono saporiti e facilmente conservabili, come prugne salate (umeboshi), salmone grigliato (sake), alghe stufate (kombu) o uova di pesce salate (tarako). Alcune versioni moderne prevedono farciture più occidentali, come tonno e maionese o pollo teriyaki.

Cosa si può mettere dentro gli onigiri?

Non esiste un’unica regola: il ripieno può essere scelto in base al gusto personale. L’importante è che sia abbastanza saporito da contrastare la delicatezza del riso. Oltre ai classici ingredienti giapponesi, si possono utilizzare anche proposte vegetariane, versioni vegane o sapori più fusion, rendendo l’onigiri adatto a ogni tipo di dieta.

Come si mangia un onigiri?

L’onigiri si mangia con le mani, senza bisogno di posate. Se avvolto in alga nori, l’alga funge da “involucro” e consente una presa più comoda. Nei konbini giapponesi è spesso confezionato in modo che l’alga resti separata fino all’apertura, per preservarne la croccantezza. È perfetto come snack, pranzo veloce o merenda salata.

Qual è il significato di onigiri?

Il termine onigiri viene da nigiru, che in giapponese significa “stringere con le mani”. Indica infatti l’azione con cui si modella il riso per dargli forma. È un gesto semplice, ma carico di significato, che richiama la manualità domestica e il legame con la cucina di casa.