Sake e sushi: l’abbinamento perfetto nella cucina giapponese
Nella cucina giapponese, uno degli abbinamenti più riusciti è senza dubbio quello tra sake e sushi: nascono da una tradizione millenaria, sono legati alla lavorazione del riso ed entrambi sono il risultato di equilibri delicati.
Anche se in Occidente il sushi viene spesso accompagnato da birra, vino bianco o tè verde, in Giappone il nihonshu – come viene chiamato il sake – rappresenta da sempre la bevanda più adatta per esaltare sapori, consistenze e profumi del sushi.
Capire perché sake e sushi siano considerati un binomio perfetto non significa solo parlare di abbinamenti gastronomici, ma anche adottare una visione del cibo che valorizza affinità sottili, più che contrasti decisi.
Che cos’è il sake e come si produce
Il sake è una bevanda tradizionale giapponese che si ottiene tramite la fermentazione del riso. Spesso al sake, almeno in Occidente, viene dato l’epiteto di “vino di riso”, sebbene la produzione avvenga tramite un processo simile a quello della birra.
La fermentazione avviene attraverso un processo in base al quale i lieviti (nel caso del sake si parla di kobo) si combinano con gli zuccheri presenti, che si trasformano in alcol. Tuttavia, nel riso ciò non può avvenire spontaneamente poiché non contiene zuccheri semplici, ma amido, che i lieviti non sono in grado di far fermentare direttamente. Perciò è necessario aggiungere un agente di saccarificazione, il koji-kin: si tratta di una muffa che produce enzimi capaci di scomporre l’amido in zuccheri fermentabili.
È grazie a questa doppia azione — saccarificazione a opera del koji e fermentazione da parte dei lieviti — che si ottiene il sake.
Il riso utilizzato per il sake subisce una selezione, dopo la quale viene sottoposto a lucidatura (精米, seimai) per eliminare le parti esterne del chicco, che contengono proteine e grassi. La lucidatura è responsabile della qualità del sake: non solo più il riso è levigato, più il sake sarà fine e delicato nel gusto, ma a seconda del livello di pulizia del chicco, si avranno tipologie diverse di sake.
Come avviene per altre bevande come il vino, anche per quanto riguarda il sake vi sono tipologie più secche, più morbide, più aromatiche e così via. Per questo, anche per quanto riguarda gli abbinamenti con il cibo, è bene conoscerle le diverse caratteristiche.
Abbinamento sushi-sake: le caratteristiche sensoriali
L’abbinamento sushi-sake è uno dei più tradizionali. Il sushi è una preparazione delicata, costruita principalmente sul principio di equilibrio.
Il sapore neutro del riso viene bilanciato dall’acidità dell’aceto, dalla delicatezza del pesce crudo e dalla sapidità della salsa di soia o delle alghe. A questi si aggiungono gli ingredienti vegetali, capaci di dare consistenze e aromi particolari, dalle semplici zucchine o carote ai più complessi daikon, avocado e wasabi.
Il sushi non cerca mai l’intensità estrema, ma l’armonia. Ogni ingrediente ha un ruolo preciso e, anche nei bocconi più elaborati, il gusto rimane bilanciato. È per questo motivo che le bevande troppo aromatiche o dal gusto troppo persistente possono risultare invadenti. Il sake, invece, per la sua morbidezza e la sua affinità con il riso, riesce a integrarsi alla perfezione, accompagnando il piatto senza sovrastarlo.
Oltre a non contenere tannini, il sake è poco acido e spesso ha un corpo morbido e rotondo. Questo lo rende ideale per accompagnare il sapore tenue del pesce crudo e la consistenza setosa del riso. Anche le note umami presenti in entrambi, nel pesce, nelle alghe, nel condimento del riso e nel sake stesso, contribuiscono a creare un equilibrio naturale, che valorizza la componente aromatica di ogni boccone.
Bere sake con il sushi, quindi, non è solo una scelta coerente con la tradizione, ma una risposta raffinata alla domanda: come si può accompagnare un piatto senza sovrastarlo ma, anzi, esaltandone la delicatezza?
Quali tipi di sake si abbinano meglio ai diversi tipi di sushi
Chi si avvicina al sake scopre presto che questa bevanda, per quanto in generale sempre delicata e dal sapore rotondo, contiene al suo interno una vasta gamma di sapori, caratterizzate da aromi, ingredienti e tecniche produttive diverse.
Il grado di lucidatura del riso, e di conseguenza la percentuale di strato esterno del chicco rimossa, influisce sul sapore e sulla tipologia del sake. Più il riso è lucidato, più il sake tende a essere elegante e aromatico; meno è lavorato, più conserva una struttura piena e un profilo umami marcato: da qui le tipologie principali di sake.
Ginjo
Una delle tipologie di sake più note, tanto da essere considerato un grande classico nell’accompagnamento del sushi, è ginjo. Si tratta di un sake ottenuto con riso molto lucidato (almeno il 40% della parte esterna viene eliminato) e fermentato a bassa temperatura. Questo processo dà vita a un sake caratterizzato da note fruttate o floreali (il cosiddetto ginjo-ka) e un corpo morbido.
Si abbina perfettamente ai sushi più raffinati e leggeri, come i nigiri di sogliola, ricciola o branzino, oppure per piatti a base di crostacei crudi dal sapore delicato di mare.
Daiginjo
Per chi cerca un sake ancora più elegante e profumato, daiginjo ha un grado di lucidatura maggiore, in quanto subisce un processo di pulizia che elimina fino al 50% della parte esterna del chicco. È un sake molto delicato, perfetto da gustare anche da solo, ma che si sposa bene con piatti minimalisti, magari un sashimi di capasanta o un uramaki senza salse coprenti.
Alcuni produttori, però, preferiscono accentuarne il gusto più che il profumo, e proprio qui entra in gioco il fattore artigianale: non esiste un daiginjo identico all’altro.
Junmai
Al contrario, junmai è un sake prodotto solo con riso, acqua e koji, senza l’aggiunta di alcol. Per questa tipologia di sake non vi sono indicazioni specifiche sul grado di lucidatura, di conseguenza il risultato è spesso più corposo, con un sapore intenso di umami.
Si tratta di un sake meno elegante, ma molto caratteristico: per questo si abbina perfettamente a sushi più intensi, come l’unagi (anguilla grigliata con salsa), il salmone scottato o i roll saporiti con tamago, funghi o uova di pesce.
Una via di mezzo interessante è rappresentata da junmai ginjo e da junmai daiginjo, che uniscono il corpo e la pienezza di junmai alla leggerezza aromatica di ginjo. Sono perfetti per chi cerca un equilibrio tra profumo e sostanza, ideali per accompagnare piatti più elaborati ma sempre crudi, come tartare, carpacci o sushi fusion.
Honjozo
Honjozo è un sake molto versatile. Qui è consentita l’aggiunta di una piccola quantità di alcol, non per aumentarne la gradazione, ma per esaltare il profilo aromatico e renderlo più secco e scorrevole.
È il classico sake da pasto, capace di accompagnare in modo discreto maki misti, sushi con tonno magro o tempura, senza rubare la scena.
Altri tipi di sake
Accanto alle tipologie più diffuse, esistono anche varianti meno comuni che meritano di essere scoperte, specialmente da chi ama sperimentare.
Chi ama le esperienze meno convenzionali può provare nigorizake, un sake torbido e non filtrato, più denso e spesso leggermente dolce, oppure koshu, sake invecchiato che con il tempo sviluppa note complesse e talvolta ossidative.
Non sono i compagni ideali del sushi più tradizionale, ma possono sorprendere accanto a roll creativi, pietanze fusion o perfino piccoli piatti caldi della cucina giapponese.